Cambiamenti nella connettività cerebrale dopo il trattamento manipolativo osteopatico: uno studio randomizzato di terapia manuale con controllo placebo
Brain Connectivity Changes after Osteopathic Manipulative Treatment: A Randomized Manual Placebo-Controlled Trial
1 IRCCS Fondazione Santa Lucia, 00174 Roma, Italia; m.tramontano@hsantalucia.it (MT); pirasfphd@gmail.com (FP); b.spano@hsantalucia.it (BS); f.piras@hsantalucia.it (FP); c.caltagirone@hsantalucia.it (CC)
2 Dipartimento di ricerca umana su base clinica, Fondazione COME Collaboration, 65121 Pescara, Italia; francesco.cerritelli@gmail.com
3 Unità di Ricerca delle Reti, Scuola IMT Alti Studi Lucca, 55100 Lucca, Italia; tommaso.gili@imtlucca.it
* Corrispondenza: f.tamburella@hsantalucia.it; Tel.: + 39-06-51501378; Fax: + 39-06-51501420
† Entrambi gli autori hanno contribuito in egual misura a questo lavoro.
Gli effetti del trattamento manipolativo osteopatico (OMT) sulla connettività cerebrale funzionale negli adulti sani è un argomento non trattato in letteratura. Per compensare questa lacuna, abbiamo applicato metodi avanzati di analisi delle reti per analizzare i dati di risonanza magnetica funzionale (fMRI) allo stato di riposo, dopo il trattamento con OMT e Placebo (P) in 30 giovani soggetti sani, asintomatici, randomizzati in due gruppi, OMT e placebo (OMTg; Pg). Le misure dell’attività cerebrale tramite fMRI, eseguite prima (T0), immediatamente dopo (T1) e tre giorni dopo (T2) l’OMT o il P sono state utilizzate per dedurre gli effetti del trattamento sull’organizzazione funzionale dei circuiti cerebrali. L’analisi ANOVA a misure ripetute e l’analisi post-hoc hanno dimostrato che il Giro precentrale destro (F (2, 32) = 5,995, p <0,005) ha aumentato la sua influenza sul flusso di informazioni immediatamente dopo l’OMT, mentre tre giorni dopo era osservabile una riduzione della centralità di betweenness nel caudato sinistro (F (2, 32) = 6,496, p < 0,005). Il coefficiente di aggregazione ha mostrato un distinto effetto rispetto ai punti temporali e ai gruppi. Al tempo T1 è stata osservata una ridotta connettività di vicinanza dopo l’OMT, sia nell’amigdala sinistra (L-Amyg) (F (2, 32) = 7,269, p <0.005) che nel giro temporale medio sinistro (F (2, 32) = 6,452, p < 0,005), mentre al tempo T2 si è evidenziato un aumento delle interazioni funzionali nell’L-Amyg e nel Vermis-III (F (2, 32) = 6,772, p < 0,005). I dati hanno dimostrato la riorganizzazione della connettività funzionale dopo l’OMT.
Parole chiave: fMRI; connettività funzionale; trattamento manipolativo osteopatico; placebo; disfunzione somatica
- Introduzione
Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) è un intervento sull’intero sistema corporeo, incentrato principalmente sulla correzione delle disfunzioni somatiche[1–3] presenti nelle diverse regioni del corpo. La ricerca osteopatica fino ad oggi si è occupata principalmente di varie condizioni cliniche come i disturbi muscoloscheletrici [4,5] e la cefalea primaria [6–8]. Il principale vantaggio per i pazienti è l’efficace alleviamento del dolore acuto e cronico [9,10]. Tuttavia, i pazienti che si sottopongono alle cure e ai trattamenti osteopatici riferiscono miglioramenti anche di altri disturbi non muscoloscheletrici [11,12]. Infatti, l’OMT si è dimostrato efficace per condizioni e disturbi diversi da quelli del sistema sensoriale e motorio, inclusa la riduzione della durata della degenza in una vasta popolazione di neonati pretermine [13,14], ed alcuni effetti sull’ansia e sulla fatigue nelle persone con sclerosi multipla [15], oltre che sulle risposte neurovegetative e neuroendocrine [16]. Gli effetti neurofisiologici alla base dei miglioramenti clinici sono ancora oggetto di discussione.
Sebbene i modelli che spiegano gli effetti terapeutici dell’OMT possano potenzialmente comprendere alcuni meccanismi cerebrali, ben pochi studi sono stati condotti per analizzare i cambiamenti dei meccanismi cerebrali dopo l’OMT.
La ricerca che impiega le tecniche di imaging a risonanza magnetica (MRI) può avvalersi di diversi approcci per valutare le funzioni corticali. Molti di questi approcci hanno dimostrato che è possibile associare all’OMT alcuni cambiamenti funzionali del cervello. Utilizzando la tecnica dell’Arterial Spin Labeling MRI, abbiamo recentemente dimostrato che il trattamento delle disfunzioni somatiche induce variazioni nella perfusione cerebrale in giovani soggetti asintomatici [17].
Valutando la connettività funzionale allo stato di riposo (fMRI), Cerritelli et al. [18] hanno dimostrato che l’OMT induce effetti duraturi, dipendenti dalla variazione del livello di ossigeno nel sangue (blood oxygen level-dependent, BOLD), in aree cruciali delle reti interocettive dei pazienti con lombalgia. Ulteriori ricerche hanno mostrato che altre terapie manuali (per esempio la manipolazione vertebrale chiropratica, la mobilizzazione vertebrale e il tocco terapeutico) hanno un effetto immediato sulla connettività funzionale del cervello [19,20]. Questi risultati suggeriscono che l’insieme delle variazioni osservate nell’organizzazione del circuito funzionale del cervello dopo l’OMT può essere considerato un indicatore efficace delle variazioni neurofisiologiche conseguenti ai trattamenti manipolativi.
Le fluttuazioni a bassa frequenza del segnale fMRI registrato a riposo sono risultate fisiologicamente rilevanti. È stato dimostrato come tale attività cerebrale spontanea influenzi il comportamento [21,22] e contribuisca alla variabilità delle risposte evocate dall’esecuzione di una mansione [23,24]. L’analisi multivariata della fMRI a riposo ha rivelato l’esistenza di reti che si estendono su diverse aree corticali, coerentemente con la funzione ad esse associata [25,26].
La teoria delle reti complesse [27] rappresenta lo stato dell’arte nel campo dell’analisi multivariata delle interazioni corticali e subcorticali locali [28]. In particolare, la descrizione della rete complessa che riflette l’organizzazione funzionale del cervello dimostra l’esistenza di un repertorio di proprietà inaspettate nella connettività cerebrale [27]. La teoria delle reti consente di descrivere il funzionamento del cervello in termini di modelli di comunicazione tra le regioni cerebrali, da considerarsi come reti in evoluzione, la cui evoluzione è associata ad outcome comportamentali [29]. In effetti, la funzione cerebrale non è semplicemente attribuibile a singole regioni e connessioni, poiché emerge dall’organizzazione della rete cerebrale nella sua interezza. Sebbene la segregazione regionale consenta la specializzazione della funzione, per molte operazioni di elaborazione è indispensabile una forte integrazione [30]. Ciò significa che le connessioni funzionali consentono agli elementi neurali di orchestrare la loro attività in stati dinamici coerenti, che costituiscono la base delle attività cognitive e comportamentali. Lo studio delle reti cerebrali è un metodo entusiasmante che consente di individuare i substrati anatomici neurali della cognizione e del comportamento. La modellazione dei grafi (graph modelling) si è dimostrata un utile approccio per studiare la connettività cerebrale. Sono state introdotte diverse misure descrittive delle reti complesse, allo scopo di individuare i nodi corticali che potrebbero influire notevolmente sul comportamento della rete (p. es., la centralità di betweenness [betweenness centrality]) e sul flusso principale delle informazioni (p. es., il coefficiente di aggregazione [clustering coefficient]) e di esplorare le caratteristiche topologiche delle reti cerebrali.
Questo studio si è posto l’obiettivo di valutare l’impatto dell’OMT sulla connettività funzionale del cervello, deducendola dall’analisi delle reti complesse relative ai dati fMRI a riposo registrati in giovani volontari asintomatici con disfunzioni somatiche. Dato l’impatto differenziale esercitato dall’OMT sulla perfusione cerebrale [17], ipotizziamo che quest’effetto neurofisiologico si rifletta nei cambiamenti indotti dall’OMT nella topologia e nell’organizzazione della rete, quantificati tramite le misure sulla centralità e sulla segregazione nelle aree che contribuiscono all’equilibrio dinamico tra il sistema simpatico e quello parasimpatico.
- Metodi
2.1. Questioni etiche
Il presente studio a singolo cieco, controllato e randomizzato, è stato approvato dal Comitato etico locale della Fondazione Santa Lucia con il numero di protocollo CE/PROG.625 ed è stato condotto in conformità con la Dichiarazione di Helsinki. Il reclutamento è iniziato solo dopo l’approvazione da parte del comitato etico. Il numero di registrazione Clinical Trial è NCT04387006.
2.2. Soggetti
Tutti gli interventi sono stati somministrati presso la clinica ambulatoriale della Fondazione Santa Lucia (Istituto scientifico di ricerca e assistenza sanitaria) dal settembre 2017 al giugno 2018. I partecipanti sono stati reclutati presso l’Università Tor Vergata di Roma. Il modulo di arruolamento spiegava che la partecipazione era volontaria, senza incentivi per i partecipanti e assoggettata ai criteri di inclusione ed esclusione. Tutti i soggetti interessati hanno ricevuto informazioni sul progetto per telefono e hanno partecipato a un breve colloquio con un medico non coinvolto nelle sessioni di intervento, per valutare l’eleggibilità in base ai criteri di inclusione ed esclusione (vedi oltre). Prima di partecipare, i volontari hanno firmato per iscritto il modulo per il consenso informato. Sono stati reclutati quarantaquattro volontari asintomatici, non fumatori e mai trattati in precedenza con l’osteopatia. Nessun soggetto aveva ricevuto alcun tipo di trattamento farmacologico nelle 4 settimane precedenti all’arruolamento né aveva lamentato dolore nei sei mesi precedenti.
I criteri di inclusione erano: età compresa tra 18 e 40 anni e idoneità per la scansione MRI. I criteri di esclusione includevano: (i) deterioramento cognitivo, basato sul punteggio del Mini Mental State Examination (MMSE) [31] punteggio ≤ 24 secondo le norme per la popolazione italiana [32], e confermato da una valutazione neuropsicologica clinica più approfondita utilizzando la Mental Deterioration Battery [33] e i criteri NINCDS-ADRDA per la demenza [34]; (ii) disturbi soggettivi di difficoltà di memoria o di qualsiasi altro deficit cognitivo, che interferissero o meno con le attività della vita quotidiana; (iii) patologie mediche importanti, ad es. diabete (non stabilizzato), broncopneumopatia ostruttiva o asma; disturbi ematologici e oncologici; anemia perniciosa; patologie attive, clinicamente significative e instabili, del sistema gastrointestinale, renale, epatico, endocrino o cardiovascolare; terapia per ipotiroidismo introdotta di recente; (iv) disturbi presenti o passati di tipo psichiatrico (valutati mediante Colloquio clinico strutturato per Disturbi di cui al DSM IV Asse II (SCID-II) [35]) o neurologico (valutati mediante visita clinica di valutazione neurologica) (p. es., schizofrenia, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, ictus, morbo di Parkinson, disturbo convulsivo, trauma cranico con perdita di coscienza e qualsiasi altro disturbo mentale o neurologico significativo); (v) anamnesi nota o sospetta di alcolismo o tossicodipendenza e abuso di sostanze, passata o presente; (vi) evidenze MRI di anomalie parenchimali focali o malattie cerebrovascolari: per ogni soggetto, un neuroradiologo specializzato e un neuropsicologo esperto di neuroimaging hanno co-ispezionato tutte le sequenze cliniche di MRI disponibili (ad es. le immagini ponderate in T1 e T2 e le immagini relative al recupero dell’inversione attenuata dal fluido [Fluid-attenuated inversion recovery, FLAIR]) per garantire che i partecipanti fossero esenti da patologie cerebrali strutturali e lesioni vascolari (cioè FLAIR o iper-intensità ponderate in T2 e ipo-intensità ponderate in T1). Ai partecipanti è stato richiesto di evitare l’uso di farmaci contraccettivi, alcol, nicotina o l’abuso di altre sostanze per la durata dello studio. Prima della scansione fMRI, i pazienti venivano invitati a compilare i questionari su supporto cartaceo.
2.3. Disegno sperimentale
Lo scopo di questo studio era di valutare i correlati neurali associati all’effetto dell’OMT in termini di connettività funzionale cerebrale, come dedotti dall’analisi delle reti complesse relative ai dati fMRI a riposo registrati in giovani volontari asintomatici con disfunzioni somatiche.
I partecipanti sono stati divisi casualmente in un gruppo OMT (OMTg) e un gruppo placebo (Pg) tramite una randomizzazione a blocchi eseguita secondo un elenco pseudo-randomizzato generato dal computer. I partecipanti non erano a conoscenza del disegno dello studio né degli outcome, e nemmeno dell’allocazione ai gruppi. La randomizzazione è stata eseguita da un ricercatore non coinvolto nelle sessioni d’intervento, nominato unico responsabile del processo e incaricato di archiviare la lista di randomizzazione in un luogo sicuro.
Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a una sessione fMRI prima (T0), immediatamente dopo (T1) e tre giorni dopo (T2) il trattamento. Tra T0 e T1, ciascun partecipante ha ricevuto un’unica sessione di 45 min di trattamento manuale OMT o di trattamento placebo (P) (Figura 1).
La sessione OMT è stata eseguita da due operatrici sanitarie che avevano completato un programma di formazione in osteopatia in linea con le Competenze di base italiane in osteopatia (Italian Core Competencies in osteopathy) [36] e con gli standard europei sulla fornitura di assistenza sanitaria osteopatica (European Standard on Osteopathic Healthcare Provision).
Le disfunzioni somatiche venivano individuate in base ai criteri di alterazione del tessuto, asimmetria, ampiezza del movimento e dolorabilità (TART) in base ai quali venivano effettuati la valutazione e l’intervento osteopatico [37]. Le disfunzioni somatiche venivano rilevate in tutto il corpo, poi valutate singolarmente per definire la primarietà del trattamento secondo i parametri TART. Per ogni partecipante, le osteopate utilizzavano una cartella in formato SOAP (acronimo inglese per Subjective, Objective, Assessment, Plan [soggettivo, oggettivo, valutazione, piano]) messa a punto per l’osteopatia ambulatoriale. Le tecniche OMT erano focalizzate sulla correzione delle disfunzioni riscontrate durante l’esame obiettivo iniziale e includevano tecniche articolari e miofasciali, bilanciamento delle tensioni legamentose, manipolazioni viscerali e osteopatia in ambito craniale [36,38–40]. Il trattamento P veniva somministrato dalle stesse osteopate che avevano eseguito l’OMT, nel medesimo ambiente ospedaliero. Il trattamento placebo consisteva in un tocco passivo senza mobilizzazione articolare, secondo una sequenza protocollata [17,41]. Le osteopate prendevano posizione in piedi accanto al lettino e toccavano il rachide lombare e dorsale dei soggetti in decubito prono e poi in decubito supino per 10 min, quindi toccavano per 5 min le spalle e le anche, per 5 min la parte superiore e inferiore degli arti e infine toccavano per 5 min ciascuno il collo, lo sterno e il torace. Le osteopate erano state formate da un altro ricercatore esperto del protocollo placebo.
2.4. Questionario di de-blinding
Il questionario di de-blinding è stato somministrato sempre dallo stesso psicologo qualificato esterno, che lavorava in cieco e non partecipava agli interventi Il questionario consisteva in tre domande consecutive riguardanti la percezione dei soggetti rispetto al trattamento ricevuto. Dopo aver risposto alla domanda se, secondo quanto da loro percepito, ritenevano di aver ricevuto il trattamento OMT oppure P, i soggetti venivano invitati a indicare, su una scala di valutazione numerica 0-10 (NRS) dove 0 rappresentava assoluta incertezza e 10 rappresentava assoluta certezza, quanto fossero sicuri riguardo all’allocazione al gruppo. Infine, venivano invitati a valutare l’utilità percepita del trattamento ricevuto, sulla base di una scala NRS 0-10, dove 0 significava assolutamente inutile e 10 rappresentava estremamente utile [42,43].
2.5. Acquisizione dei dati della fMRI
I dati fMRI sono stati raccolti utilizzando uno strumento di imaging eco-planare con eco a gradiente a 3T (Philips Achieva) utilizzando una sequenza di immagini ponderata (T2*) dipendente dal livello di ossigeno nel sangue (blood oxygen level-dependent, BOLD) (TR = 3 s, TE = 30 ms, matrice = 80 × 80, FOV = 224 × 224, spessore delle fette = 3 mm, angolo di ribaltamento = 90°, 50 fette, 240 vol). È stata utilizzata una bobina (head coil) di sola ricezione a trentadue canali. È stata inoltre acquisita una scansione strutturale del cervello intero, ad alta risoluzione, ponderata in T1 (1 mm × 1 mm × 1 mm voxel). I soggetti venivano invitati a rimanere a riposo nello scanner con gli occhi aperti. Allo scopo di tenere conto della varianza fisiologica nei dati delle serie temporali, i cicli cardiaci e respiratori sono stati registrati utilizzando rispettivamente il foto-pletismografo incorporato nello scanner e una cintura toracica pneumatica.
2.6. Pre-elaborazione fMRI
Diverse fonti di varianza fisiologica sono state rimosse dai dati fMRI delle serie temporali relative ai singoli soggetti. Per ogni soggetto, la correzione del rumore fisiologico consisteva nella rimozione degli artefatti cardiaci e respiratori bloccati nel tempo (due armoniche cardiache e due armoniche respiratorie più quattro termini di interazione) tramite la regressione lineare [44], e degli effetti relativi alla frequenza cardiaca e respiratori a bassa frequenza [45–47].
I dati fMRI sono stati quindi pre-elaborati come segue: correzione per il movimento della testa e temporizzazione delle fette e rimozione dei voxel non cerebrali (eseguita utilizzando la Software Library (FSL) della FMRIB (Analysis Group, Oxford, UK)). I primi cinque volumi sono stati scartati allo scopo di stabilizzare la magnetizzazione. I parametri di stima del movimento della testa sono stati utilizzati per ottenere lo spostamento frame-wise (FWD), che a sua volta è stato utilizzato, insieme alla sua derivata, per correggere i dati mediante un processo di regressione. Le serie temporali sono state quindi normalizzate tramite rimozione delle medie, eliminazione del trend di fondo, eliminazione dei picchi, e filtrate passa-banda nella gamma di frequenza 0,01–0,15 Hz, utilizzando un apposito software scritto in MATLAB (The MathWorks). Per l’analisi di gruppo è stato eseguito un processo di registrazione in due fasi. In primo luogo, i dati della fMRI sono stati trasformati dallo spazio funzionale allo spazio strutturale dei singoli soggetti utilizzando lo strumento FLIRT per la registrazione lineare delle immagini (FMRIB’s Linear Registration Tool) e in secondo luogo sono stati mappati in modo non lineare in uno spazio standard (mappa standard del Montreal Neurological Institute MNI152) utilizzando gli strumenti di normalizzazione avanzati Advanced Normalization Tools (ANTs; Penn Image Computing & Science Lab, http://www.picsl.upenn.edu/ANTS/). Infine, i dati sono stati livellati spazialmente (filtro gaussiano con finestra a tutta ampiezza e mezza larghezza di 5 × 5 × 5 mm).
2.7. Analisi delle reti
Le serie temporali di fMRI allo stato di riposo sono state mediate, per ogni partecipante, entro 116 regioni di interesse (ROI) dell’Atlante di etichettatura anatomica automatizzata (Automated Anatomical Labeling, AAL) [48]. Si è ipotizzato che esistesse una connessione funzionale tra due regioni del cervello quando sussisteva un collegamento non orientato e ponderato dei grafi, laddove la ponderazione era uguale al quadrato del coefficiente di correlazione [49]. In questo contesto i coefficienti di correlazione al quadrato sono stati considerati come indici di similarità [50], al fine di tenere conto del segno delle correlazioni che risultano da meccanismi emodinamici mediati a livello neurale, temporalmente e spazialmente eterogenei. Il valore di soglia della matrice risultante è stato definito ipotizzando i grafi come globalmente connessi, ovvero implicando che il numero di elementi collegati nel grafo sia uguale alla dimensione del grafo stesso [51]. Per studiare la topologia delle reti funzionali sono state calcolate alcune metriche di rete: la centralità dell’autovettore [52], la centralità basata sul grado [53], la centralità di betweenness [53] e il coefficiente di aggregazione [54].
Al fine di trovare le regioni in cui le misure di rete erano cambiate a causa dell’intervento, abbiamo calcolato un’ANOVA a misure ripetute con due livelli di trattamento, OMT e P, e tre livelli di tempo (T0, T1, T2), controllati con una verifica post-hoc. Quest’analisi ci ha consentito di elaborare un modello per descrivere l’interazione tra l’effetto del trattamento, considerando in particolare il pre-trattamento basale (B) e l’ultimo trattamento (E), e l’effetto della condizione, ovvero OS (stimolazione OMT) e PS (stimolazione placebo). L’interazione è descritta dal confronto (EOS-BOS)–(EPS-BPS) e rappresenta gli effetti dell’OMT rispetto al P, controllati rispetto alle scansioni basali. Le differenze sono state considerate statisticamente significative a valori di p < 0,05, corretto in base al tasso di false scoperte (FDR). Per l’analisi dei dati è stato utilizzato MATLAB (The MathWorks).
Abbiamo inoltre calcolato la correlazione tra il numero di disfunzioni e le variazioni della connettività cerebrale sia per il rapporto (OMT_T1–OMT_T0)–(P_T1–P_T0) che per il rapporto (OMT_T2–OMT_T1)–(P_T2–P_T1). L’analisi statistica è stata eseguita anche per il questionario di de-blinding, usando il test non parametrico di Mann-Whitney per campioni indipendenti (OMTg e Pg). La significatività statistica è stata impostata a p <0,05 e il test è stato eseguito utilizzando il software Statistical Package for the Social Science—SPSS (Chicago, IL, USA).
2.8. Analisi della potenza
Per determinare la dimensione del campione sufficiente per effettuare due test t è stata condotta un’analisi della potenza utilizzando G*Power [39] in linea con uno studio precedente di Gay et al. [19], nel quale è risultato che tre diversi tipi di terapie manuali determinavano variazioni nella FC immediatamente dopo il trattamento.
Impostando alfa a 0,05, la potenza a 0,80 e la d di Cohen a 0,55 (l’OMT nel nostro studio non era limitato all’osteopatia in ambito craniale) la dimensione desiderata del campione per la differenza tra 2 mezzi dipendenti è risultata essere di 22 soggetti in totale.
- Risultati
3.1. Descrizione del campione alla linea di base
Sono stati valutati per l’eleggibilità 44 giovani volontari asintomatici, come specificato più oltre al paragrafo intitolato “Metodi–Soggetti”. Applicando i criteri di inclusione/esclusione, 30 dei 44 partecipanti sono stati arruolati nello studio. I soggetti sono stati randomizzati e allocati nel gruppo OMT o Placebo, rispettivamente, OMTg (n = 15) e Pg (n = 15). Le informazioni relative al disegno dello studio sono riportate nel diagramma di flusso dello studio (Figura 1).
Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a una sessione di fMRI prima (T0), immediatamente dopo (T1) e tre giorni dopo (T2) il trattamento. Dopo T0 e prima di T1 tutti i soggetti sono stati sottoposti a una singola sessione di 45 min di trattamento OMT oppure P. Successivamente, i partecipanti sono stati invitati a compilare un questionario di de-blinding. Tale questionario consisteva in tre domande riguardanti le impressioni dei partecipanti rispetto al trattamento ricevuto, come spiegato in [17].
Le caratteristiche demografiche dei partecipanti sono riportate nella Tabella 1.
La valutazione statistica non ha mostrato differenze significative tra i gruppi per quanto riguarda gli anni di istruzione, l’età e il sesso (p > 0,05). Per i dettagli statistici, si rimanda paragrafo intitolato “Metodi–Analisi delle reti”. Per quanto concerne l’OMTg, i dettagli relativi all’ubicazione delle disfunzioni affrontate e una sintesi delle diverse tecniche utilizzate sono riportati rispettivamente nella Tabella 2 e nella Figura 2.
3.2. Risultati delle fMRI
Due soggetti del gruppo Pg sono stati esclusi perché riferivano di percepire dolore durante l’acquisizione dell’MRI in T0, mentre un soggetto del gruppo OMTg si è ritirato al tempo T1 a causa di un’intolleranza alla MRI emersa dopo l’inizio dello studio. Al tempo T2, due partecipanti all’OMTg hanno abbandonato lo studio per un’improvvisa intolleranza alla MRI e un partecipante del Pg ha rinunciato per motivi personali. I dettagli sul trattamento OMT o P ricevuto dai soggetti sono riportati nel paragrafo intitolato “Metodi–Disegno sperimentale”.
Il test ANOVA a misure ripetute ha mostrato che la centralità di betweenness media nel Giro precentrale destro (R-PrecentralG; F (2, 32) = 5,995, p <0,005) e nel Caudato sinistro (L-Cau; F (2, 32) = 6,496, p <0,005), e il coefficiente di aggregazione medio del Giro temporale medio sinistro (L-MTG; F (2, 32) = 6,452, p <0,005), nell’Amigdala sinistra (L-Amyg; F (2, 32) = 7,269, p <0,005) e nel Terzo lobulo del verme cerebellare (Vermis-III; F (2, 32) = 6,772, p <0,005) risultavano significativamente diversi nei vari punti temporali, dopo che erano stati analizzati l’interazione dell’effetto del “dosaggio” del trattamento, in particolare al pre-trattamento (T0), al post-trattamento (T1) e al follow-up (T2) e l’effetto della “somministrazione” del trattamento, ovvero se si trattava di P o di OMT.
Quest’analisi ci ha consentito di elaborare un modello per descrivere l’interazione tra l’effetto del trattamento, considerando in particolare il pre-trattamento basale (B) e l’ultimo trattamento (E), e l’effetto della condizione, ovvero OS (stimolazione OMT) e PS (stimolazione placebo). L’interazione è descritta dal confronto (EOS-BOS)–(EPS-BPS) e rappresenta gli effetti dell’OMT rispetto al P, controllati rispetto alle scansioni basali. Le differenze post-hoc (EOS-BOS)–(EPS-BPS) hanno mostrato variazioni significative sia fra il pre-trattamento e il post-trattamento che fra il post-trattamento e il follow-up (p <0,05).
3.2.1. Variazioni fra pre-trattamento e post-trattamento (dati dell’fMRI in T0 rispetto a T1)
Come effetto dell’OMT è stato riscontrato un aumento della centralità di betweenness nel Giro precentrale destro (R-PrecentralG), rispetto a una diminuzione dopo il trattamento con P (Figura 3a). Allo stesso modo, è stata riscontrata una riduzione del coefficiente di aggregazione sia nell’amigdala sinistra (L-Amyg) che nel Giro temporale centrale sinistro (L-MTG), a seguito dell’OMT, contrapposta a un aumento dopo il trattamento con P (Figura 3b,c).
3.2.2. Variazioni fra post-trattamento e follow-up (dati dell’fMRI in T1 rispetto a T2)
Come effetto dell’OMT è stata riscontrata una diminuzione della centralità di betweenness nel Caudato sinistro (L-Cau), mentre nella stessa area si è evidenziato un aumento dopo il trattamento con P (Figura 4a). Oltre a ciò, è stato riscontrato un aumento del coefficiente di aggregazione sia nell’amigdala sinistra (L-Amyg) che nel terzo lobulo del verme cerebellare (Vermis-III), a seguito dell’OMT, contrapposto a una diminuzione dopo il trattamento con P (Figura 4b,c).
3.3. Risultati del questionario di de-blinding
Per quanto riguarda il questionario di de-blinding, il 75% dell’OMTg e il 41,6% del Pg hanno ritenuto di essere stati sottoposti all’OMT. La media delle valutazioni di entrambi i gruppi per quanto riguarda la certezza della stima rispetto all’allocazione al trattamento è risultata di 7,0±1,6 mentre la media delle valutazioni relative all’utilità del trattamento è risultata 7,5±2,6 per l’OMTg e 6,6±1,9 per il Pg. Nessuna differenza statistica tra OMTg e Pg è stata osservata per quanto riguarda la presunzione, la certezza o l’utilità percepita dai soggetti rispetto al trattamento ricevuto.
Inoltre, per quanto riguarda la correlazione tra il numero di disfunzioni e le variazioni di connettività funzionale sia per il rapporto (OMT_T1–OMT_T0)–(P_T1 – P_T0) che per (OMT_T2–OMT_T1)–(P_T2 –P _T1), non è emersa alcuna correlazione significativa (p> 0,05). Nessun partecipante allo studio ha segnalato effetti avversi.
- Discussione
Lo studio mirava a indagare gli effetti dell’OMT rispetto al trattamento con P sulla connettività funzionale del cervello in giovani adulti sani asintomatici con disfunzioni somatiche. I risultati hanno mostrato variazioni significative tra i gruppi OMTg e Pg, relative a due misure della centralità che esprimono la segregazione funzionale a livello locale e l’influenza che ciascuna regione esercita sul flusso di informazioni (centralità di betweenness e coefficiente di aggregazione) emerse dal confronto di T0 rispetto a T1 e di T2 rispetto a T1, ma non di T0 rispetto a T2, e ciò suggerisce che gli effetti del trattamento siano reversibili.
Inoltre, i dati ottenuti hanno mostrato effetti opposti nel gruppo OMTg rispetto al gruppo Pg. In effetti, la centralità di betweenness nell’OMTg è aumentata nel Giro precentrale destro (R-PrecentralG) e diminuita nel Caudato sinistro (L-Cau). Tale comportamento opposto nei due gruppi è stato osservato anche rispetto al coefficiente di aggregazione. Questi risultati possono indurre a ipotizzare che un effetto immediato dell’OMT sia un rafforzamento della connessione e una maggiore segregazione nel Giro precentrale destro (R-PrecentralG), mentre un effetto ritardato dell’OMT sia la riduzione della segregazione funzionale nel Caudato sinistro (L-Cau) con un conseguente miglioramento del flusso di informazioni all’interno di questa regione. Inoltre, l’Amigdala sinistra (L-Amyg) è stata l’unica area del cervello che ha risposto in modo coerente al trattamento, mostrando una diminuzione marginale del coefficiente di aggregazione immediatamente dopo l’OMT (T1) e un aumento marginale dopo 3 giorni (T2). Pertanto, l’effetto immediato dell’OMT non è stato mediato dalla segregazione funzionale all’interno dell’amigdala, la cui influenza sul flusso di informazioni è risultata maggiore come effetto ritardato dell’OMT.
Al fine di commentare ulteriormente questo risultato, è interessante notare che è stato evidenziato come l’amigdala riceva l’afferenza dai sistemi sensoriali provenienti dalle aree associative [55].
Queste forniscono all’amigdala una rappresentazione più elaborata, a cui potrebbero contribuire le afferenze talamiche. Inoltre, il coinvolgimento di ulteriori connessioni sinaptiche rende la trasmissione più lenta [55]. A ciò si aggiunga che l’efferenza del nucleo centrale dell’amigdala è indirizzata al nucleo dorsale del nervo vago [55]. I dati del nostro studio precedente [17] hanno mostrato che, immediatamente dopo l’OMT, si ha una riduzione della perfusione della corteccia cingolata posteriore (PCC) correlata a una predominanza della modulazione simpatica, mentre dopo 3 giorni abbiamo osservato un cambiamento di direzione in una predominanza vagale moderatamente maggiore, in termini di incremento della perfusione PCC.
È significativo, ai fini dei presenti dati, considerare la PCC come un nodo cruciale della rete neurovegetativa centrale [56] che controlla i motoneuroni simpatici e parasimpatici pregangliari, i quali danno un contributo importante per il controllo del funzionamento parasimpatico [56 -58].
Pertanto, i risultati del presente studio indicano che fra gli effetti dell’OMT vi potrebbe essere una modulazione del sistema neurovegetativo, come riportato anche in studi precedenti [59,60]. Di conseguenza, la riduzione precoce della connettività nelle aree adiacenti all’amigdala e la successiva inversione del modello possono spiegare l’iniziale predominanza del simpatico, a cui fa seguito una predominanza vagale relativamente più ampia. L’amigdala contribuisce anche all’elaborazione della gratificazione e all’utilizzo della gratificazione al fine di rafforzare e motivare il comportamento [55]. Non è stata evidenziata alcuna differenza statistica tra i gruppi per quanto riguarda la percezione soggettiva del trattamento ricevuto, anche se l’utilità percepita dell’OMT è risultata superiore a quella del trattamento con P (p> 0,05). Possiamo ipotizzare che l’OMT, considerato più utile del trattamento con P, possa aumentare la motivazione dei soggetti, che considerano quindi il trattamento come una gratificazione.
In linea con questi dati, l’amigdala è anche preposta all’identificazione e all’apprendimento efficace di eventi importanti nell’ambiente, caratterizzati da una rilevanza emotiva e motivazionale [61]. È plausibile che i soggetti sottoposti a OMT abbiano percepito stimoli altrettanto rilevanti sotto l’aspetto emotivo e motivazionale dopo 3 giorni, il tempo necessario per l’integrazione [17].
Inoltre, in uno studio condotto con stimolazione magnetica transcranica è stata evidenziata una maggiore eccitabilità della corteccia motoria nei soggetti sottoposti a trattamento osteopatico [62]. Questi risultati, quindi, indicano variazioni specifiche nella connettività cerebrale, che coinvolgono non solo, come prevedibile, la rete nocicettiva/emozionale/neurovegetativa, ma anche la rete sensomotoria, locomotoria e posturale, che include la corteccia prefrontale, i gangli della base, il tronco encefalico e i centri locomotori cerebellari. Ciò suggerisce che dopo il trattamento avviene un cambiamento nell’elaborazione delle informazioni, in linea con i risultati di un precedente studio sulla connettività funzionale tramite la risonanza magnetica funzionale a riposo [18].
I dati della fMRI nello stato di riposo relativi a pazienti con lombalgia rivelavano diverse fluttuazioni della rete cerebrale in stato di riposo e anche nella rete interocettiva/neurovegetativa rispetto ai controlli sottoposti a terapia simulata [18].
Inoltre, sono stati recentemente segnalati studi clinici controllati con placebo strettamente correlati che hanno effettuato ricerche sulle caratteristiche cerebrali nella connettività o sui segnali di origine al fine di predire gli outcome [63–65].
È interessante notare che i nostri risultati hanno evidenziato come il flusso di informazioni nel Caudato sinistro (L-Cau) e la segregazione funzionale nel terzo lobulo del verme cerebellare (Vermis-III) siano aumentati significativamente nei soggetti sottoposti a OMT in T2 rispetto a T1, suggerendo che le variazioni compaiono in tempi successivi. I gangli della base sono un gruppo di nuclei sottocorticali in grado di integrare le informazioni provenienti dalle aree corticali e indirizzate alla corteccia cerebrale. Il sistema dei gangli della base è stato anche discusso da Alexander e Crutcher [66] e contribuisce al “controllo neurovegetativo o inconscio dei movimenti che accompagnano i movimenti volontari, come i movimenti ritmici degli arti e la regolazione del tono muscolare posturale durante la locomozione, che si verifica in concomitanza con i processi a controllo volontario” [66]. Il livello di libertà degli aspetti vegetativi e volitivi dei movimenti è rispettivamente definito da quelle efferenze dei gangli della base che si dirigono verso il tronco encefalico e l’anello talamocorticale [66]. Sulla base di questi presupposti, si può ipotizzare che l’OMT possa indurre una modulazione delle strutture sottocorticali, consentendo di conseguenza un ottimizzazione del tono muscolare per meglio gestire il controllo posturale e la programmazione dei movimenti. Inoltre, le informazioni introdotte tramite le diverse tecniche OMT utilizzate in questo studio potrebbero aver stimolato l’area sensomotoria con conseguenti effetti eccitatori sulle cellule striatali. Negli individui asintomatici la presenza di disfunzioni somatiche genera ripercussioni biomeccaniche e neurologiche, in particolare le alterazioni della trama tissutale e l’attivazione dei nocicettori, con conseguente insorgenza di infiammazioni tissutali [67]. Su tali basi potremmo ipotizzare che il trattamento delle disfunzioni somatiche possa generare cambiamenti reversibili a livello centrale [68,69], provocando di conseguenza la segregazione meno funzionale osservata nei gangli della base. La particolare natura del contributo dei gangli della base alla normale percezione somatosensoriale non è ancora del tutto chiara. In caso di lesione o disfunzione dei gangli della base, la pressione cosciente o la percezione tattile non vanno perdute; tuttavia, le funzioni sensoriali e cognitive dei gangli della base possono ripercuotersi su alcuni aspetti del discernimento cutaneo e cinestetico così come sul feedback somatosensoriale legato al movimento [70]. Inoltre, è stato dimostrato che il nucleo caudato si attiva durante una simulazione stressante [71]. È possibile che la riorganizzazione indotta dall’OMT possa essere percepita dai soggetti come un fattore stressante esterno, con un conseguente aumento della connettività del caudato. Tutti gli effetti osservati sull’L-Cau sono risultati reversibili, dal momento non sono emerse differenze nel confronto tra T0 e T2 per quanto concerne la connettività dell’L-Cau.
Nei soggetti sintomatici (cioè, con dolore), le risposte evocate tramite l’intervento OMT generale potrebbero risultare più evidenti, e ulteriori ricerche potrebbero svelare se tali miglioramenti possano corrispondere a risultati clinici positivi, e quindi a interpretarli come risultanti dalla correzione della disfunzione somatica e dalle variazioni della connettività cerebrale. Sebbene l’arruolamento di pazienti possa senz’altro essere appropriato, lo studio di soggetti sani ha un duplice vantaggio: in primo luogo, può essere utile identificare le risposte fisiologiche non correlate alla malattia; in secondo luogo, si può in tal modo creare un insieme di dati basali che potranno costituire parametri di confronto e riferimento per future ricerche sui pazienti.
- Conclusioni
Per quanto a nostra conoscenza, nessuno studio precedente ha usato l’fMRI per analizzare gli effetti sulla connettività funzionale del cervello a seguito del trattamento OMT in confronto con il placebo. Pertanto il presente studio è stato progettato per analizzare e confrontare la connettività funzionale del cervello prima, immediatamente dopo e 3 giorni dopo i trattamenti OMT e P, e ha evidenziato una distinta riorganizzazione funzionale reversibile della connettività della rete locomotoria sovraspinale, formata dalla corteccia premotoria, dai gangli della base e dalla porzione del cervelletto sulla linea mediana, nonché dalla rete emozionale/neurovegetativa, con specifica attivazione dell’amigdala.
La presente ricerca fornisce le prime prove preliminari a sostegno dei cambiamenti indotti dall’OMT sulla connettività della rete cerebrale, aprendo ulteriori prospettive riguardo ai potenziali effetti dell’OMT sull’attività funzionale del cervello. Inoltre, indica l’opportunità di svolgere future indagini in questo campo inesplorato, in particolare su soggetti sintomatici. Considerando le connessioni dell’amigdala e i dati contrapposti relativi all’amigdala sinistra (L-Amyg) ottenuti dalle valutazioni in T1 e T2, ulteriori studi sulla centralità di betweenness e sui coefficienti di aggregazione sono necessari.
Contributi degli autori: ogni autore ha contribuito con apporti sostanziali all’ideazione o alla progettazione dell’opera; o all’acquisizione, all’analisi o all’interpretazione dei dati; o alla redazione o alla sostanziale revisione del lavoro e hanno approvato la versione presentata (e qualsiasi versione sostanzialmente modificata che comporti il contributo di un autore allo studio); e di aver accettato sia di essere personalmente responsabili del proprio contributo come autore sia di garantire che le questioni relative all’accuratezza o all’integrità di qualsiasi parte del lavoro, anche quelle in cui l’autore non è stato personalmente coinvolto, siano adeguatamente studiate, risolte e che la risoluzione sia documentata in letteratura. Tutti gli autori hanno contribuito all’ideazione e alla progettazione dello studio; FT e MT hanno organizzato il database; FT, FP (Fabrizio Piras) e GT hanno eseguito l’analisi statistica; MT, FT e FC hanno redatto la prima bozza del manoscritto; MT, FT, FP (Fabrizio Piras), FP (Federica Piras), BS, FC, CC e TG hanno scritto sezioni del manoscritto. Tutti gli autori hanno letto e accettato la versione pubblicata del manoscritto.
Finanziamento: gli autori non hanno segnalato alcun sostegno finanziario.
Ringraziamenti: riconosciamo il contributo di Angela Gaeta e di tutti i soggetti arruolati in questo studio. Lo studio è stato parzialmente sostenuto dal Ministero della Salute italiano (Ricerca Corrente).
Conflitti di interesse: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi
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